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La preistoria del segno linguistico

  • Natale Anastasi e Fabio Platania
  • 28 feb 2014
  • Tempo di lettura: 10 min

Fabio Platania

Ciao Natale, cosa ti ha spinto a voler realizzare questo esperimento?


Natale Anastasi

Beh, volevo rendere interattivi alcuni miei pensieri, facendoli partire però dall'Altro


Fabio Platania

L'Altro sarei io, come un po' tutti, in questo caso?


Natale Anastasi

Sì, su temi non da me predisposti, bensì, diciamo, a random


Fabio Platania

Capisco. Ok. Dunque vedo che già ti predisponi al rapporto "uno/altro" quindi per te in qualche modo è importante la relazione, il metterti in discussione, sì?


Natale Anastasi

Certo, diciamo che sto sfruttando l'occasione per capire quali siano le domande interessanti per gli altri, e quale potenziale possa sgorgare da questo insolito stratagemma. Diversamente avrei scritto un saggio, ma sarebbe stato un discorso tra me e me. E' invece questa una posizione diversa attraverso cui guardarsi intorno


Fabio Platania

Beh in questo senso una domanda come per esempio: 'sei felice?' fa sempre effetto, non trovi?


Natale Anastasi

Beh, se sono felice..cosa intendi per felicità ?


Fabio Platania

Un mondo senza noia, una mente senza noia, e sopratutto un corpo senza noia. Ovviamente tu mi hai chiesto cosa intendo, se poi mi chiedi come fare, è un altro discorso.


Natale Anastasi

Capito. Beh, diciamo che io faccio un discorso alla rovescia


Fabio Platania

In che senso?


Natale Anastasi

Partendo dal fatto che intanto per dirmi felice, dovrei pensare a cosa poter intendere con “felicità”. Magari, per essere ironici, anche sfruttare qualche citazione di qualche pensatore famoso. Però dal mio punto di vista reputo che questo sarebbe come aprire un dizionario e cercare qualche parola ad effetto.


Fabio Platania

Cioè, secondo te, perché la gente apre dizionari?


Natale Anastasi

Per cercare un linguaggio per esprimere ciò che si prova, un corrispettivo semantico da riconoscere ogni volta che si prova la stessa "cosa". In ciò è fondamentale il principio d'identità. Lo vedo come un vizio: quando da piccoli ci hanno insegnato a parlare le parole, ci hanno secondo me insegnato a dare una precisa parola per ogni "cosa" o incognita -come la si vuol chiamare la si chiami- che proviamo. Il che ci porta già all'interno di un cammino preimpostato, fatto di riconoscimenti e associazioni obbligatorie. Di conseguenza, con il progressivo arruolamento scolastico, cominciamo a dover lavorare all'interno di un campo di lavoro in cui viene schematizzato il nostro modo di approcciarci al mondo. Viene fornito un vocabolario alle nostre sensibilità.


Fabio Platania

L'identità sembra dunque stare alla base della società stessa come fondamento nel passaggio da una forma di stato naturale al più noto spazio interamente socializzato ed urbanizzato, con il quale tutti familiarizziamo.


Natale Anastasi

E quindi iniziamo a dover camminare all'interno del canale linguistico della parola, del significante e del significato, in cui per non ripetere sempre gli stessi "geroglifici muti", ne impariamo sempre di nuovi. Usare sempre gli stessi vocaboli per molteplici fenomeni che si assomigliano pure fra loro, ma che non sembrano identici, genererebbe un'incredibile caos. Quindi sì, per rendere appunto sempre più consonanti gli interlocutori, omofoni, diciamo, sono stati stabiliti dei canoni, una grammatica di suoni standardizzati in cui muoversi. Parlare con la stessa intonazione, con lo stesso timbro vocalico, e la stessa meccanica comunicativa. Sembra giocare un ruolo fondamentale il principium individuactionis.


Fabio Platania

Per me il linguaggio è come un contenitore, per esempio, diciamo che contenga i 'geroglifici muti', 'buongiorno' e 'buondì'; la parola invece sarebbe per esempio l'individuazione, la scelta e l'uso di "buongiorno" o "buondì" senza pensarci, cioè una significazione istantaneamente presente per un atto comunicativo. Quindi io distinguo il linguaggio come l'insieme di codici e significanti.


Natale Anastasi

Sono d'accordo


Fabio Platania

E la parola come la significazione presente ovviamente agganciandomi al tuo discorso il linguaggio


Natale Anastasi

E' il manuale di guida (o di Giuda)


Fabio Platania

E’ un po' un terreno scivoloso, da dove viene? Dalla memoria? Ma la memoria come funziona? Se memorizzo parole ben fatte qual'è quella memoria che le produce con immagini dei miei ricordi ? E tutto questo ove si mescola con il giudizio nel mio cervello, dove diventa 'parola' ? Il linguaggio per me è ricchissimo è fatto anche dal corpo anche il corpo memorizza di suo e, per esempio, anche il cuore ha i suoi neuroni.

Certo che siamo complessi, perché tutto in noi dice 'presente'?


Natale Anastasi

Allora, procederei per gradi: intanto, cercherei di porre la metafora della sabbia. Se noi cominciamo a passare le nostre dita su di essa, verranno a comporsi dei segni. Questi segni chiaramente possiamo averli fatti perché ci è stato chiesto di farli, e magari anche di farli in quel modo. Adesso, se questi segni che abbiamo fatto sono stati realizzati per commissione, perché ci è stato detto che è importante realizzarli in quanto sono necessari da assimilare per poter stare con gli altri, noi diamo loro una forma da ricordare, che ripeteremo, allenandoci, per essere poi "in grado" di poterli utilizzare in svariate situazioni.

Da qui abbiamo la formazione dei "significanti", le "parole" appunto.


E con il continuo allenamento e con le continue istruzioni per l'uso di questi geroglifici, cominciamo a calarci all'interno del linguaggio sociale. Ci sono cose che non appartenevano "a questo mondo", ma sono state costruite. L'esempio esemplificativo potrebbe essere, per quanto mi sembra, quello dell'albero e del grattacielo. Il neonato ed il retore.


Fabio Platania

Cioè? l'albero cresce spontaneo ed il grattacielo è costruito? il neonato impara spontaneamente ed il retore costruisce i discorsi?


Natale Anastasi

Ciò che personalmente sta spingendo la mia riflessione è in sostanza dire che ciò che l'uomo ha costruito per esigenze e che adesso è appunto la X attraverso cui passano "tutte le cose che diciamo, visualizziamo e recepiamo" ha diversi strati. Mantenendo fisso il discorso sul linguaggio verbale, ci sono appunto oltre ad i segni dei significanti, l'impalcatura dei significati. Ossia, a mio parere, delle parole di base e delle parole che si sviluppano a partire da esse, che vengono utilizzate con la possibilità che tra un interlocutore e l'altro vengano intese "cose" diverse, parole con piani interpretativi variabili da soggetto a soggetto. Proporrei quindi di assumere per quest'intervista un rigore maggiore nell'uso dei termini che usiamo, in modo da fare un ragionamento a priori rispetto ai contenuti associativi (es. "è come ..") che possiamo attribuire a questi segni che ci stiamo scrivendo.


Fabio Platania

Ok, "parole di base", seguendo il nostro discorso, e pensando a ciò che dissi prima mi suggerisce che tu stia cercando anche qui, all'interno di una stratificazione linguistica, il senso dell'esser presente della parola. Pertanto vorrei introdurre due termini distinti: uno è presenza e l'altro è presente.


Dico che essi stanno in rapporto gerarchico: come la storia contiene le varie epoche la presenza contiene più presenti e per la mente non è possibile, fintanto che pensa, andare oltre la presenza e quindi oltre la storia stessa, ma soltanto oltre tanti e diversi presenti, da qui di epoca in epoca.


Natale Anastasi

Ecco, ciò che hai scritto adesso è un esempio di ciò che intendo dire prima sulla struttura dei significanti. L'utilizzo delle X "presenza", "presente", "mente", "pensa" sono X che fanno riferimento ad altre X precedenti.


Fabio Platania

La significazione necessità di un modello di riferimento e pur tuttavia voler risalire ad una base significherebbe per me tener fermo un significato; la base va oltre il significato e da qui..sembra un circolo vizioso, come quando si afferma per esempio che 'il nulla è', ma il nulla è in quanto non-pensabile


Natale Anastasi

"il nulla è solo nell'essere impensabile": proporrei di lasciare in sospeso per il momento queste elaborazioni linguistiche. Proporrei di assumere un rigore maggiore.


Fabio Platania

Ma un rigore maggiore per me significa essere più preciso nei termini che adotto e quindi spiegare al mio interlocutore perché uso certe parole piuttosto che altre, per me è importante per esempio distinguere tra il verbo "escludere" ed il verbo "negare"; per te magari non lo sarà, pazienza.


Natale Anastasi

Più che "preciso" intendo che si potrebbe usare una parola quanto più possibile svuotata di X "sottintese". Metto continuamente queste virgolette per indicare queste X appunto. Le altre non le evidenzio perché, secondo me, sembrano ai miei occhi "il più possibile non fraintendibili".


Fabio Platania

Ma io non so nemmeno se queste sottintese ci sono già oppure le creo mentre le trovo dentro la parola che sto usando, quindi non saprei proprio come fare, mi viene in mente un altro esempio..


Natale Anastasi

Se tu cominci a lavorare di associazioni mentali, o mi citi parole come "mente", "presenza", "non essere", stiamo discutendo, appunto, sempre in base al modo in cui recepisco questa conversazione, come altro su cui non mi vorrei addentrare, date le precisazioni di cui sopra. Mi spiego meglio: se usi la parola memoria io posso intendere questa X in innumerevoli modi. Ce lo dimostra anche la storia della filosofia. Andiamo invece ancora prima, alla preistoria.


Fabio Platania

La preistoria non è pensabile secondo me, come vorrei dire: sarebbe tuttavia una storia. Da qui il discorso sul nulla.

Natale Anastasi

Andiamo ancora di più al centro della X: ho usato questa parola "preistoria" e tu mi hai detto che non è pensabile senza avermi chiesto cosa intendo con questa "X".


Fabio Platania

Cioè come dici tu da un punto da cui tornare indietro ma andando sempre indietro fino al centro sarebbe come arrivare davanti una soglia, la prima, dalla quale veniamo per esempio, ma andare oltre questa soglia significherebbe secondo me non poter tornare indietro per raccontarlo oppure non poterlo fare. Ci vedo un limite nella faccenda.


Natale Anastasi

Con la X che chiamo "preistoria" indico una "X" che è precedente ad altre X, e con "precedente" indico una "X" da cui si sono praticamente "realizzati" i significati, le declinazioni. La "X" del solo significante, che non implica quindi il significato. Un segno. Punto.

Riesco a spiegarmi ?


Fabio Platania


Natale Anastasi

Io partirei da qui


Fabio Platania

Ma questo segno è intelligente secondo me


Natale Anastasi

Se discutiamo del "segno", il significante con significato X che gli hai scritto dopo, ossia "intelligente" va ancora troppo oltre. Mi piacerebbe se riuscissimo a discutere esclusivamente su "X"


Fabio Platania

Non è possibile secondo me proprio perché saremo sempre noi a decidere e ridurre fino ad una 'preistoria del segno', credendo di poter isolare come isolassimo un polmone dal resto del corpo. In questo senso invece la parola invece è 'viva' secondo me.

Natale Anastasi

Ecco, questo pensiero "X" mi piace. Questo che hai scritto sembra proprio ribadire che il segno senza segno/significante non possa essere indagato. Ma secondo me questo è "possibile". Da qui parte la mia ricerca. Siamo sempre con questa bella "X", il geroglifico, il segno che non capiamo, che non sappiamo da dove venga, ma che i nostri occhi vedono. E c'è una lotta per servirci di questa "X", come ci è stato insegnato a scuola. Questa X [ linea chiusa "è una palla" , ma può essere se fatta allungata e stretta ai lati "uno Zero" ].


Ho messo tutto tra parentesi quadrata e poi tra virgolette per spiegare meglio che "un insieme di X più grande ne comprenda uno più piccolo". E se ci hai fatto caso, ho cominciato ad introdurre le "associazioni linguistiche": ossia X da cui ---> X+X=X2.


Adesso, ti proporrei di dirmi cosa sto cercando di esprimere. E' una parte dell'esperimento. Ah, se hai notato, queste X che scrivo senza metterle tra virgolette, prese singolarmente non ti portano ad associarle a niente. Come la parola "inconscio". Solo a dire che sono segni visibilmente scritti che non si assomigliano "graficamente".


Fabio Platania

Come dire che l'essere umano si dà degli strumenti per vivere e poi però queste tecnologie dominano interamente la sua vita


Natale Anastasi

Esatto è come quell'esempio che la psicologia ci fornisce, quello delle illusioni ottiche. Chessò specie quella del candelabro che potrebbero essere anche due che si baciano, ricordi ?


Fabio Platania


Natale Anastasi

Ecco! ti sei mai chiesto come mai non si pensa che potrebbero essere solo delle linee ? le si associa subito ad una figura di senso e con "figura di senso" indico una serie di "XXXX" riconosciute da più esseri umani


Fabio Platania

Questa figura di senso nascerebbe allora anche se osservo un albero e poi realizzo un palo della luce


Natale Anastasi

E con "riconosciute" intendo dire che quelle "XXXX" sono "famose" e vanno "conosciute" perché "non possiamo farne a meno di conoscerle"


Fabio Platania

Cioè ciò che mi rimane sarebbe la forma allungata e snella traducibile in una serie di x no?


Natale Anastasi

Sì, ma qui siamo andati avanti col "ragionamento": siamo passati al condizionamento che un segno esercita su di noi sì, quella forma, e che cosa succede se una persona viene indotta da un segno a comportarsi in un certo modo? cioè, tu hai associato "l'albero" al "palo della luce" e c'è chi l'ha costruito, e ancor prima chi l'ha inventato "dal nulla", dal dissimile, da altro ancora. Perché mai c'è stata quest'associazione?


Fabio Platania

Ma questa "forma", in generale, non ci fa forse pensare (voglio usare una metafora)e domandare quale sia "il destino della farfalla"? Come se il discorso facesse linea a due domande. La prima: "c'è una sostanza che sta alla base del bruco che diventa bozzolo e del bozzolo che diventa farfalla?" Quindi: "c'è una sostanza oltre la forma?"; la seconda domanda: 'la farfalla vive un giorno, quindi è davvero sua preoccupazione sapere cosa ci sia oltre il gioco di forme?" ossia: c'è sostanza oltre il tempo?


Natale Anastasi

Torniamo al paralogismo di prima: parlare di una "X" tirandone in ballo un'altra. La "sostanza" se la vediamo come un segno sulla sabbia, resta lì, come anche il segno della x chiamata "forma". Lo stesso per il continuo di ciò che hai scritto.


Fabio Platania

Magari la sostanza la sentiamo più che vederla


Natale Anastasi

Secondo me la sfida è invece quella di precedere l'associazione linguistica, ed uscire dal "segno" stesso. Come?


Fabio Platania

Se disegno tanti cerchi e li coloro in maniere diverse posso dire che tutti hanno in comune la sostanza cerchio. E quindi sarebbe come osservare la "forma"; ma se dico invece che la sostanza cerchio viene disegnata nella mia mente nel momento in cui la penso allora questa sostanza va oltre il tempo stesso che ci ho messo per pensarla: cioè in questo secondo caso è come venisse dal nulla, come dicevi tu, commenti addietro


Natale Anastasi

E' questa la cosa!

E cosa intendere con "sostanza"? Perché questa X ha oltre un significante un significato su cui riflettere, per te? Non è sempre un segno scritto sulla sabbia ? Invece che venire "dal nulla", ossia da una "X" artificiale, proviene da "altro" da ciò che non è un "segno"


Fabio Platania

Sì ok, io direi: nulla come diverso

Natale Anastasi

E io te la rigiro: cosa intendere con "diverso" e cosa, a questo punto, con "rivoluzione"? Per me sono solo X linguistiche, segni del linguaggio convenzionale.


Fabio Platania

Lo sapevo ahahahaah


Natale Anastasi

ahahaha


Andando quindi avanti, passiamo finalmente al ruolo della metafora: "che rumore fa una mano sola che applaude?" Questo esempio della tradizione zen ci spiega come avere la percezione della "vacuità" del: non so perché non immagino cosa rispondere a questa domanda. Ma il dialogo comincia da questo "non so".


Fabio Platania

Il segno sulla sabbia, per me è come la luce che entra dallo spiraglio di una finestra cioè è 'uno': non permane in quel luogo, ma c'è


Natale Anastasi

Quindi per tirare le somme si parte da quest'esperienza del non sapere cosa dire, e cosa "immaginare", arriviamo al "non-pensiero" che "non è X", né il suo opposto, ma è proprio "una cosa nuova", tutt'altro che un "segno". Adesso, per concludere, la mia ricerca parte da queste riflessioni qua. E sto cercando di andare avanti con altra roba. Magari ne parleremo un'altra volta.

Fabio e Natale:

That's all folks "A me sembra che anche i saggi di Egitto abbiano compreso tutto questo o per scienza esatta o per intuizione innata: essi, quando volevano rivelare la loro sapienza, non si servivano dei segni delle lettere, che designano parole e proposizioni ma non corrispondono alla pronuncia e al significato delle cose dette, ma disegnavano figure <geroglifici>, ciascuna delle quali significava una singola cosa, e ne decoravano i templi per mostrare che il procedimento discorsivo non appartiene al mondo di lassù, in quanto ciascun individuo è anche una scienza e ciascuna figura è sapienza, soggetto e sintesi, e non un pensiero discorsivo né un progetto. Più tardi, da questa scienza così sintetica derivò un'immagine che è tutta dispiegata in altra cosa e si esprime nel processo discorsivo e scopre le cause da cui una cosa deriva, sicché ci si meraviglia di una cosa tanto bella. Quando qualcuno sa, non può non dire di ammirare la sapienza, cioè come essa, pur non possedendo le cause, per le quali tutti è così come è, le elargisce alle cose prodotte su suo modello. E così, ciò che è bello come s'è detto, e ciò che risulta appena o in nessun modo da una ricerca - qualora qualcuno cerchi perché debba essere così - esiste in questo modo prima di ogni ricerca e di ogni ragionamento" (Plotino, Enneadi V 8, 6).


 
 
 

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