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La psicologia del lettore di Fake News

  • natanastasi
  • 16 set 2018
  • Tempo di lettura: 6 min

Ecco esplicitati tutti i motivi per cui è importante non prendere per vere le notizie (tutte, nessuna esclusa!) provenienti da blog, da siti non accreditati a livello nazionale, da account di social networks e da anonimi.

E' evidente che a molti piaccia andare controcorrente e promuovere un pensiero alternativo solo per il gusto di esercitare un ruolo psicologico affine al contesto gruppale a cui ci si riconosce, perché oggi, e non accadeva in maniera così scellerata dai tempi del fascismo, si percepisce una legittimazione dell'illegittimabile: la violenza, che sia verbale, che sia fisica e psicologica, è diventata una prassi che non viene ostracizzata, ma solo giustificata e appunto legittimata per sconfiggere il nemico per continuare imperterriti a delegare al prossimo la nostra cultura e la nostra informazione.

Essere rozzi, qualunquisti, disinformati (ben diverso dall'essere ignoranti e sapere d'esserlo), corrotti, mafiosi e violenti sono i pilastri di una tirannide. Per questo vince un leader che in maniera semplicistica riesce a legittimare e a sintetizzare la complessità dei fenomeni in una narrazione mito-politica che sa di barzelletta: più la frottola si rifà al linguaggio ed allo stile comunicativo delle telenovelas ed alle telecronache calcistiche di bassa lega, più fa breccia nei cuori dei cittadini. L'elettorato di destra (lega e cinquestelle) ha bisogno di avere un duce, a patto che sia qualcuno come loro, che porti la disinformazione e l'analfabetismo a passare per cultura ed i discorsi da bar a speculazioni di filosofia teoretica. Non sto scrivendo però a favore del pd, o in favore della "sinistra parlamentare", perché non sono davvero di sinistra, secondo la mia opinione.

L'erudizione che non lascia il passo all'ignoranza ed al vuoto interiore, mistifica un'analfabetismo intellettuale che fa di tutto pur di sembrare onnisciente, ma che in realtà è sordo, perché dimentico dell'importanza dell'ascolto nel processo creativo dell'apprendimento attivo. Ma del resto pensare è difficile perché è come creare un'opera d'arte da una massa informe, mentre è semplicissimo avere delle credenze nel proprio cranio. Motivo per cui non si comprende nemmeno la differenza tra un pezzo di cronaca e un pezzo d'opinione.

Quanti italiani oggi sostengono l'inveridicità dei giornali, proprio per questa confusione tra cronaca e opinione, che ovviamente disconoscono. Un giornale diventa fautore di fake news, secondo il volgo illetterato, nel momento in cui prende una posizione politica: quindi assimilando l'opinione alla fake, come se fossero la stessa cosa, arrivando poi a sostenere che anche la cronaca, cioè gli eventi puri e crudi, siano inventati, e che una notizia sia vera solo se raccontata da qualcuno di cui ci "fidiamo".

La disinformazione nasce da un approccio fideistico, non supportato da dati che sostengano le proprie tesi. Ad esempio, se si pensa che i giornali scrivano fake news, logicamente sarebbe intanto necessario individuare se siano tutti e farne i nomi, cercando successivamente, tramite fonti terze, accreditatissime, magari tramite la stampa estera o tramite associazioni nazionali, tutti gli elementi che falsificano le notizie che vengono considerate pregiudizievolmente delle false informazioni. E per far questo ci vuole scientificità e uscire appunto dal canale "fideistico", dimostrando di saper essere in grado di cercare le notizie in maniera seria, di metterle a confronto e di dimostrare le proprie tesi, argomentandole su un piano razionale e non più irrazionale, come vorrebbe il classico paranoico complottista della rete. Ora, sicuramente si può essere d'accordo o meno, con delle motivazioni razionali, con l'opinionista di turno, che dà una sua visione ai fenomeni che osserva. Altro conto invece è mettere pensare che tutto sia per come lo si pensa: il lettore disinformato si percepisce onnisciente, non ha bisogno di leggere perché sa già come va il mondo. Ma data la sua personalità chiusa e quindi fragile ed insicura, ha bisogno di applicare dei ricatti psicologici verso le persone che conosce, cercando in ogni modo di manipolare le menti altrui per convincerle che la sua visione del mondo sia l'unica vera e che tutto il resto, di conseguenza, non lo sia. E' molto profonda la logica del nemico, perché tutto parte dalla distorsione della logica, come se si applicasse il sillogismo "sofistico" come premessa (alias tutto è falso, eccetto il principio d'autorità) ai principi della logica aristotelica: identità (y=y), di non contraddizione (y non è x) e del terzo escluso («Non ci sono altre possibilità eccetto queste due»). Stiamo trattando quindi una tipologia di personalità psicologica appunto puerile. Analizzando adesso il piano del linguaggio osserviamo come sia impossibile dialogare con questi soggetti, perché costoro, pur di avere la meglio e di "vincere" sull'altro, utilizzano mezzi non razionali, ma puntano, Salvini docet, sul paraverbale e sul linguaggio del corpo. Quando si vuol dimostrare qualcosa, senza saper e poter argomentare dialetticamente, si inizia ad applicare un repertorio di azioni che sono sempre le stesse: si inizia non ascoltando, ma andando a togliere la parola al proprio interlocutore, per non dargli modo di fare il suo discorso. Poi si alza la voce, con fare minaccioso, violento ed animalesco, simbolo di problemi nella gestione dell'ira, poi a usare delle parole che servano per schernire: "questo che dici è assurdo", "è una stupidaggine", e via discorrendo. Per arrivare poi con un climax discendente ad insultare il suo interlocutore e a voler comunicare implicitamente: "se la pensi così allora non possiamo più parlare, e quindi chiudiamo anche il rapporto". E nel frattempo, con il linguaggio del corpo ci si pone in posizione di attacco, come un branco di leoni alla vista di una preda. Oggi è così difficile instaurare dei rapporti in cui è lecito essere in disaccordo d'opinione proprio perché si tende a pensare ai rapporti come dei puzzle da costruire, con le personalità più autoritarie e che riescono ad esercitare il ruolo di leader che diventano nei contesti gruppali anche gli ideologi. O si la si pensa uguale oppure arrivederci! Vediamo quanto è presente il totalitarismo nei gruppi ed anche nei rapporti uno ad uno. La democrazia si basa invece su un confronto sereno, con toni pacati, dove non ci si schernisce e ci si limita ad essere d'accordo a ciò che si viene detto o no, sempre senza implicare danni al rapporto ed al rispetto che di base ci dev'essere sia per la persona sia per ciò che pensa, che non va mai oltraggiato, per quanto possa risultarci sgradevole per il nostro modo di pensare. E' essenziale saper ascoltare e saper ascoltarsi al di là dei nostri pensieri, e il dialogo inizia solo nel momento in cui siamo disposti a far finire di parlare il nostro prossimo e a non volerlo convincere di nulla: ognuno che resti con le proprie idee. Sarebbe presunzione di saccenza, al contrario.

Solo rimuovendo questo stile comunicativo si potrà riuscire a porsi, nell'umiltà del dialogo, in cui ad aver ragione dev'essere soltanto la Verità, non l'individuo, che deve imparare ad ammettere quando gli viene dimostrato di sbagliarsi nei suoi ragionamenti.

Non si è compreso che il conoscere è prima di tutto lo svuotamento delle proprie credenze errate: un vaso che trabocca di melma non può riempirsi d'acqua limpida. Per questo il compito della persona deve essere raggiungere la vacuità, tanto decantata nel pensiero di Lao Tze. Essere vuoti ci permette l'intuizione del vero e dell'intellegibile.

E' molto facile voler avere opinioni su tutto, perchè dà un anelito di erudizione che serve a crearsi un personaggio sociale, molto difficile invece l'ammettere, socraticamente, la propria ignoranza e sospendere il giudizio.

Oggi si studia perché ci si deve diplomare e laurearsi, per trovare lavoro e vivere nell'agiatezza economica, per farsi una posizione sociale, per conoscere sommariamente, per farsi un'idea sulla realtà e su ciò che ci circonda, e per questo ci si trova poi schiavi degli ovvi meccanismi pregiudizievoli, perché legati all'istinto che ci accomuna agli animali, e non per comprendere la propria ignoranza e vivere sapendo di non sapere. Occorre molto impegno per superare i pregiudizi e per uscire dalla zona grigia dell'istintività legislatrice.

Questo di oggi è un regime sempre più totalitario, e immagino che se oggi le persone potessero votare se scegliere monarchia o democrazia, sceglierebbero in larghissima parte la prima. Non è semplice sfuggire ai meccanismi di autoconferma dell'Io, soprattutto quando si ha una personalità aggressiva e saccente, discriminatoria e, ripeto, pregiudizievole. E di certo fa comodo un programma politico che non metta in discussione i vizi e le psicopatologie del suo elettorato.

Difatti, in Italia ancora nella maggior parte della popolazione si vede il bisogno di un sistema politico con un leader alla Salvini, perché non c'è, secondo me, interesse ad impegnarsi per saper diventare cittadini democratici. Essere democratici non è come tifare una squadra calcistica, ove il tifoso osserva lo spettacolo in maniera passiva, o come guardare una telenovelas cercando di immaginare il seguito della prossima puntata. Proprio da questa comparazione tra calcio, telenovelas e politica possiamo concepire quanto la politica ed alcuni tg governativi ormai abbiano volutamente assunto questi tratti da Curva- più che lega- nord, grazie al lascito spirituale di un personaggio politico che ben conosciamo, fautore di un leaderismo ventennale esercitato sulla destra italiana, un volto che ben conosciamo, non a caso patròn di giornali, canali tv ed ex storico proprietario di una squadra di calcio.

Natale Anastasi


 
 
 

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